Visualizzazione post con etichetta rotondella. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta rotondella. Mostra tutti i post

lunedì 4 dicembre 2017

Impianto ITREC di Rotondella: le verità nascoste, le responsabilità rimosse

Impianto ITREC di Rotondella:
"...guardarsi bene dal citare il Dr. Nicola Maria Pace (PM che indagò a fondo sull'impianto ITREC di Rotondella (Mt) e, più ancora, evitare anche minimi cenni sui nomi dei politici..."
https://www.iene.mediaset.it/video/vivere-accanto-a-un-ex-impianto-nucleare_12852.shtml ed il trasporto di materiale radioattivo della notte tra il 28 e 29 luglio 2014, quando il viceministro degli interni era un Lucano, lo stesso che fece finta di non sapere che per il sito unico Italiano per il deposito dei rifiuti nucleari era stato scelto Scanzano Jonico. Scelta a cui lui stesso, afferma il Verbale del Consiglio dei Ministri, aveva assicurato accoglimento "senza fare le barricate"... Guardarsi bene dal fare nomi... l'inquinamento più terribile è quello dell'informazione che impedisce ai cittadini di conoscere il pericolo, i mandanti e gli esecutori materiali del delitto di disastro ambientale che miete vite umane da anni.

mercoledì 17 luglio 2013

Domande al Viceministro Bubbico sui serbatoi di scorie nucleari alla Trisaia di Rotondella

Quali iniziative assumerà Bubbico per informare i lucani e garantirne la sicurezza?
Un articolo, pubblicato sul settimanale “Il Resto” in data 9 giugno 2007, raccontava per filo e per segno quali sono i rischi che le barre di combustibile e i resti del riprocessamento del combustibile nucleare esausto, conservate presso il Centro Enea Trisaia a Rotondella, comportano per i Lucani e l'ambiente di un'area vastissima che comprende buona parte del Meridione d'Italia. Raccontava, anche, quali conseguenze avrebbero patito gli abitanti nel raggio di 400 chilometri in caso di incidente nucleare. Da quella data, nulla è cambiato anzi, quei serbatoi che erano “scaduti” da circa 25 anni oggi lo sono da 30. Trent'anni fa non garantivano più la tenuta di una poltiglia altamente corrosiva e radioattiva che da sola inquinerebbe l'ambiente per chilometri e chilometri, figuriamoci oggi. Come si sa, queste delicatissime questioni vengono trattate dal Ministero degli Interni ed oggi, un lucano, di quell'ufficio pubblico è Viceministro.

Illustrissimo sen. Filippo Bubbico, Lei cosa sa della sicurezza delle scorie nucleari custodite, negligentemente e neghittosamente, presso il Centro Trisaia di Rotondella? Quale piano a tutela della integrità delle popolazioni lucane ha predisposto il Ministero degli Interni in caso di incidente nucleare nel Centro Trisaia di Rotondella?

Illustrissimo signor viceministro, dieci anni fa (ed anche qualche giorno fa) lei sostenne di non conoscere l'intenzione del Governo Berlusconi di ubicare a Scanzano Jonico il sito unico delle scorie nucleari italiane mentre il sottosegretario Gianni Letta ed il Ministro Matteoli sostenevano il contrario (vedasi il verbale del Consiglio dei Ministri). Ebbene, oggi glielo chiediamo in anticipo così da evitare penose querele: Signor Viceministro Bubbico, Lei oggi cosa sa dello stato di conservazione dei rifiuti radioattivi del Centro Trisaia di Rotondella? Se nulla sa, potrebbe cortesemente informarsi a fare sapere qualcosa ai suoi concittadini lucani? (magari prima del 29 luglio prossimo!)

Dal settimanale “Il Resto” di Sabato 9 giugno 2007

NOI LUCANI, SEDUTI SULLA BOMBA ATOMICA

In una breve conferenza del gennaio 2003, il Dr. Nicola Maria Pace (sostituto procuratore in alcune importanti inchieste sul centro ITREC-Enea di Rotondella) spiegò la catastrofe che può verificarsi a poca distanza da Matera e che causerebbe morti certe nel raggio di 300-400 chilometri.
“Noi non ci saremo”. Quelli che ricordano questa celebre canzone dei “Nomadi” hanno dai cinquant’anni in su. Per questo occorre spiegare qualcosa prima di proseguire. “Vedremo soltanto una sfera di fuoco, più grande del sole più vasta del mondo...”; è l’incipit della catastrofe nucleare presagita nel drammatico testo del gruppo più “impegnato” degli anni sessanta. La fine dell’umanità dei buoni, oserei definirla “naif”, causata dall’umanità dei cattivi (imperialisti?). Il ritorno, la rinascita della vita dalla natura ma senza l’uomo. Una natura buona, saggia e positiva. Ecco spiegato il titolo; “noi non ci saremo”; perché siamo la parte negativa, rappresentiamo la cattiveria, la possibilità del male che tutto travolge e distrugge, ineluttabilmente, anche i buoni. Questa è l’utopia, quanto alcuni prevedono ed altri desiderano per poter poi dire: “ve l’avevo detto, io”! Diversa è la realtà. Non è immodificabile, non è ostaggio di uomini senza volto. È il banco di prova della nostra vita che ci è data affinché incida sulle cose e plasmi il mondo. O, almeno, ci provi. Così, per prima cosa, occorre conoscerla questa realtà, a cominciare dalla “sfera di fuoco” che potrebbe sorgere nel centro Enea di Rotondella. In una breve conferenza del gennaio 2003, il Dr. Nicola Maria Pace (sostituto procuratore, PM in alcune importanti inchieste sul centro ITREC-Enea di Rotondella) spiegò la catastrofe che può verificarsi a poca distanza da Matera e che causerebbe morti certe nel raggio di 300-400 chilometri. Parlò del combustibile nucleare esausto (barre e derivati) conservato (?) nel centro jonico. Il vocabolo “esausto” trae in inganno, dà l’idea di qualcosa che è attenuato, esaurito, svuotato. Invece significa l’esatto contrario. Si tratta di uranio o plutonio o qualche altra diavoleria radioattiva che non può essere più oggetto di reazione atomica controllata. Nelle centrali nucleari, le famose “barre” di combustibile vengono bombardate con fasci di particelle elementari ad alta energia. Semplificando potremo dire che una particella colpisce un atomo di uranio e lo spezza in due causando la scomparsa di qualche pezzettino di materia e la sua trasformazione in energia (E=MC2, A. Einstein). Nel trambusto, partono altre particelle che, a loro volta, spezzano altri atomi e la storia continua. Si chiama “reazione a catena” che, lasciata a se stessa, diventerebbe una esplosione nucleare. Le “barre” usate nelle centrali, fortunatamente, contengono alcune sostanze che assorbono le particelle eccedenti e stabilizzano la reazione, mantenendo costante il rapporto fra atomi colpiti e nuove particelle in grado di spaccare atomi integri. Quando queste sostanze “assorbenti” si riducono, il combustibile si dice esaurito ma, come ben capite, si tratta di un oggetto tutt’altro che innocuo. Possiamo definirlo un “cattivo” soggetto, da trattare con le molle. Tolto dalla centrale, bisogna conservarlo in condizioni di temperatura tale da evitare l’innesco della reazione atomica tipo Hiroshima. Come per Rotondella, spesso questa condizione viene realizzata mediante immersione in acqua corrente che a contatto con lo zoppo (radioattivo) impara a zoppicare. Qualcuno dovrebbe spiegare che fine fa quest’acqua altamente radioattiva. Altra tecnica, prevede il parziale riciclo, tecnicamente detto riprocessamento. La “barra” viene sminuzzata con speciali punzoni e sciolta in liquidi tremendamente corrosivi. Mediante centrifugazione, si estrae dalla poltiglia l’uranio ancora presente che viene riciclato in nuovi componenti combustibili. Resta la poltiglia, altamente radioattiva e terribilmente corrosiva. Anch’essa bisogna che sia raffreddata costantemente in appositi serbatoi adatti per resistere ai fortissimi acidi. Quelli di Rotondella sono “scaduti” da oltre vent’anni e, invece che sostituirli, vengono rabberciati dopo ogni perdita. Le diverse centinaia di barili di “terreno decorticato”, visibili ad occhio nudo nei capannoni dell’Enea (ammesso che abbiate l’autorizzazione per entrare ed una tuta anti radiazioni per restare in vita un tempo sufficiente per raccontarlo) narrano la storia dei vari incidenti che hanno inquinato i terreni circostanti il centro ITREC e chissà cos’altro. I lucani, i calabresi, i campani ed i pugliesi vivono così. Seduti sulla polveriera radioattiva in cui è conservata la busta “top secret”, rigorosamente in inglese tecnico, su cui campeggia la scritta: “da aprire solo in caso di incidente nucleare”. Vi lesse, il temerario dr. Pace, dopo aver superato dinieghi e resistenze difficili da spiegare, che sono in pericolo immediato di vita tutti gli abitanti nel raggio di 400-500 chilometri e poi via via con disegnini e cerchi concentrici sempre più larghi e di diverso colore. “Ma noi non ci sareeeemoooo, noi non ci sareeeeeemooo”. Forse. (di Claudio Galante)

sabato 5 gennaio 2013

Leccando le chiappe (flaccide, dicono le olgettine)

La nomenclatura lucana tace e si ricandida: nessuno di loro merita il nostro voto

Dedicato ai lucani che fanno finta di non vedere
Viviamo nei tempi della comunicazione globale, tutti riescono ad accedere all'informazione. Anche per i lucani è così, vedremo se serve a qualcosa.
La Lucania, che per mera esigenza amministrativa si ritrova il nomignolo di Basilicata (una vera presa in giro per un popolo orgoglioso e combattivo con una storia anteriore ai romani) assiste all'improntitudine dei suoi politici che, di qualsiasi colore e sensibilità, su un punto sono concordi e determinati: ricandidarsi.
Dovrebbero rinunciare per pudore ma, avendolo perso da tempo immemorabile, ritornano alla carica. Persino con l'abito imbiancato dalle “primarie parlamentari”, alcuni.
Hanno avuto l'abilità di ridurre la più ricca regione d'Italia ad una pattumiera inquinata. Sono stati capaci di ridurre il più grande giacimento petrolifero dell'Europa continentale a terreno di pascolo abusivo di tutte le compagnie del mondo. Hanno consentito che venissero riconosciute alla Basilicata le più basse royalties del mondo e non sanno nemmeno quanto petrolio si estrae. Ed oggi eccoli lì, tutti in fila. Alcuni leccando le chiappe (flaccide, dicono le olgettine) di Berlusconi, altri fidando su un apparato che controlla il mercimonio della sanità, della formazione e di qualunque altra fonte di diritti elargiti ai cittadini/sudditi a mo' di favori.
Si ripresentano e forse saranno davvero loro i nostri rappresentanti nel prossimo parlamento. Forse, forse. Abbiamo un primato di cui dovremmo andare fieri: il minor numero di condanne per reati contro la Pubblica Amministrazione. Ma, chi conosce il merito non può che interrogarsi sulla reale corrispondenza di tanta rettitudine a tanti faccendieri riconosciuti.
Su tutto, come dovunque nel mondo, il petrolio. Se Dio l'ha creato nero e maleodorante, una qualche ragione doveva pur esserci.
Basterebbe solo spiegare perché l'accordo Stato/Basilicata è stato redatto in due versioni quasi identiche. La seconda delle quali, quella attualmente agli atti, molto più svantaggiosa (per la Basilicata) della prima.
Ricostruiamo in questo numero la storia affinché possa illuminare quanti preferiscono far finta di non vedere, sentire, odorare ed anche quelli, più sfortunati che sono costretti a non vedere, sentire, odorare.
di Franco Venerabile