La pista internazionale del delitto Matteotti
91 anni fa, oggi (10/6/2015, ndr), veniva assassinato Giacomo Matteotti. Su quell’omocidio gravano ancora opacità mai sopite, ed un probabile intrigo internazionale. Secondo il libro di Colucci e Scarrone, Perché fu ucciso Matteotti? (Editore Colombo, Roma, 1988) “esiste un tragico «triangolo della morte»”.
Se pensiamo all’omicidio di Giacomo
Matteotti, almeno per come lo abbiamo studiato a scuola o per come la
storiografia lo presenta al grande pubblico, dobbiamo riconoscere che è
solo sul primo lato di questo triangolo che vengono tradizionalmente
puntati i riflettori.
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Giacomo Matteotti |
La denuncia dei brogli, della fascistizzazione
della vita politica e dello Stato, della brutalità delle camicie nere.
La statura morale di Matteotti in contrapposizione ai manipoli fascisti,
il suo rispetto per le istituzioni e le procedure parlamentari, il suo
coraggio nell’attaccare, solo e disarmato, il Duce e gli squadristi di
Farinacci. Ma se in passato simili ragioni squisitamente politiche,
utili anche a marcare forzosamente e nettamente la distanza tra buoni e
cattivi, tra giusto e ingiusto, potevano essere sufficienti per
spiegare uno dei più famosi omicidi d’Italia, nel XXI secolo non bastano
più.
Nel 1988, durante un’approfondita
ricerca condotta tra i volumi dell’Archivio storico della Camera dei
Deputati, l’Onorevole socialista Francesco Colucci rinvenne dei
documenti inediti utili a ricostruire quanto avvenne nelle sedute della
Giunta del bilancio del 5 e del 7 giugno 1924. In particolare, questi
documenti sottolineano la tenacità e la forza con cui Matteotti denunciò
il falso bilancio in pareggio che il governo fascista
aveva presentato al Re e sul quale Vittorio Emanuele III aveva
relazionato la Camera nel suo “Discorso della Corona”. L’opportuna
sparizione di Matteotti sollevò Mussolini e gli altri membri del
Consiglio dei Ministri dall’imbarazzo di dover spiegare al Re, alla più
alta carica dello Stato, perché avessero rifilato lui un falso,
annichilendo il suo prestigio e la sua credibilità e ridicolizzandolo
davanti a tutta la Nazione.
Ma le rivelazioni più importanti arrivano dall’estero, e sono emerse dai documenti della Library of Congress di Washington e da quelli conservati presso gli Archivi di Stato britannici di Kew Gardens,
legate al discorso che Matteotti avrebbe dovuto tenere l’11 giugno e
che invece non pronunciò mai perché rapito e ucciso il giorno prima.
Rivelazioni che delineano una vera e propria lotta tra Usa e Uk per il
controllo del mercato petrolifero nel Mediterraneo. Una lotta che vedeva
Standard Oil e Anglo Persian Oil Company combattere senza esclusione di
colpi per assicurarsi lo sfruttamento dei pozzi petroliferi italiani e,
soprattutto, delle raffinerie e delle infrastrutture industriali e
portuali del nostro Paese. Tanto la prima, forte del controllo di una
quota del mercato mediterraneo pari a circa l’80% del totale, quanto la
seconda, padrona dei pozzi del Medio e Vicino Oriente dopo la caduta
dell’Impero Ottomano, a partire dai primi anni ’20 esercitarono
fortissime pressioni sul Governo italiano, attraverso le loro diplomazie
e i loro servizi segreti, al fine di ottenere contratti vantaggiosi per
operare nella penisola.
Durante la sua perorazione, che si
preannunciava dura e puntuale, Matteotti avrebbe prodotto documenti
avuti da importanti esponenti laburisti durante il soggiorno di 4 giorni
a Londra solo due mesi prima. Documenti scottanti che, come ha scritto
lo storico Mauro Canali nel suo libro Il delitto Matteotti. Affarismo e politica nel primo governo Mussolini, parlavano di cospicue tangenti Usa indirizzate al Duce,
al fratello Arnaldo e ad altri esponenti di spicco del Regime affinché
sostenessero la sottoscrizione di una Convenzione tra lo Stato italiano e
la compagnia petrolifera americana Sinclair Oil (cugina della Standard
Oil) per lo sfruttamento esclusivo, da parte di quest’ultima, di tutti i
pozzi petroliferi eventualmente scoperti nel sottosuolo di circa
quaranta chilometri di territorio italiano (Centro e Sud Italia) e di
quello libico, allora colonia del nostro Paese. I laburisti inglesi,
mettendo Matteotti a conoscenza dell’affaire Sinclair e
fornendo lui documenti che provassero la corruzione del Governo
italiano, speravano di accendere l’attenzione delle opposizioni sul tema
e d’impedire l’accordo con gli americani.
Non tutti a Londra, però, erano convinti
che denunciare Mussolini, innescare una crisi istituzionale e aprire la
via del Governo alle Sinistre fosse la soluzione al problema. In
particolare, non lo era un certo Wiston Churchill.
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Winston Churchill |
Non è un mistero,
infatti, che lo statista inglese stimasse molto Benito Mussolini,
che con lui intrattenne un lungo e amichevole carteggio, che fino
all’ultimo cercò di evitare che l’Italia entrasse nella Seconda Guerra
Mondiale a fianco dei tedeschi, in nome dell’antibolscevismo del Duce e
della sua ammirazione per l’Impero britannico.
Leggendo tra le carte conservate a Kew Gardens, ci dicono Mario Josè Cereghino e Giovanni Fasanella nel loro Il golpe inglese,
emerge chiaramente che la volontà di Churchill è quella di tutelare a
360° gli interessi inglesi: difendere la Anglo Persian, osteggiare il
predominio petrolifero Usa, tenere comunisti e socialisti italiani ben
lontani da Palazzo Chigi facendo affidamento su un fascismo compiacente
alla Corona britannica per via della sua dipendenza energetica. Allo
stesso modo, emergono altrettanto chiaramente i collegamenti esistenti
tra l’intelligence di sua Maestà e Amerigo Dumini, capo del commando che
quel 10 giugno rapì Matteotti dal Lungotevere, Arnaldo da Brescia:
“Massone iscritto alla Gran Loggia nazionale di piazza del Gesù con il
terzo grado, quello di Maestro, vanta con il regime rapporti stretti
almeno quanto quelli che intrattiene con il mondo anglosassone”.
Qualche lettore, ne siamo certi, avrà a
questo punto storto il naso.
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Benito Mussolini |
Sia chiaro: non intendiamo, sulla base di
queste pochi indizi, addossare a spalle inglesi il pesante fardello
dell’omicidio Matteotti. Di certo, però, vi è che: 1) Mussolini
intratteneva rapporti con gli inglesi già da prima del
1915, quando con le sterline gentilmente fornite da Londra fondò, nel
novembre del 1914, “Il Popolo d’Italia” (dalle colonne del quale spinse
per l’entrata in guerra a fianco delle potenze dell’Intesa); 2) la
sparizione e la morte di Matteotti evitarono un bel ruzzolone al giovane
regime anticomunista fascista che tanto piaceva in quegli anni agli
inglesi (il 18 febbraio 1933, al rientro dopo una vacanza italiana,
Churchill definisce Mussolini un genio incarnato per la
sua funzione antimarxista); 3) il delitto Matteotti avvenne nel 1924,
mentre il carteggio tra Churchill e Mussolini – prova dei buoni rapporti
personali tra i due – si protrasse fino all’inizio della Seconda Guerra
Mondiale e oltre; 4) dopo il delitto Matteotti, il Governo italiano annulla l’accordo con la Sinclair Oil.
Le recenti rivelazioni emerse dagli
archivi britannici, dunque, gettano ombre su uno dei delitti più famosi
della nostra storia e, se da una parte aiutano ad avere un quadro più
completo delle dinamiche da cui scaturì il fattaccio, dall’altra
concorrono a creare ancora maggiore confusione circa la responsabilità
morale dell’omicidio Matteotti. Se gli esecutori materiali dell’omicidio
sono noti, infatti, sono i mandanti a restare avvolti dal mistero. Chi
diede l’ordine di uccidere l’esponente socialista? Mussolini, per non
essere denunciato quale percepitore di tangenti? Gli americani, per impedire che venissero alla luce le zone buie dell’accordo Italia-Sinclair? Gli inglesi, per evitare la caduta di Mussolini
e il rischio del contagio Comunista e Socialista in Europa, che
Churchill vedeva come una vera e propria catastrofe, ritenendo
preferibile utilizzare le carte che provavano l’avvenuta corruzione del
Duce per ricattarlo segretamente ed impedire che l’accordo con la Sinclair Oil divenisse operativo?? Forse una risposta certa non si avrà mai, ma in una intervista rilasciata al periodico Oggi 2000 (numero 51) Mauro Canali afferma:
“I familiari di Matteotti hanno sempre sospettato che il mandante dell’omicidio fosse Re Vittorio Emanuele, secondo loro proprietario di quote della Sinclair. Invece, io sono giunto alla conclusione che fu proprio Mussolini, che aveva intascato tangenti direttamente da questa operazione, a ordinare l’eliminazione del suo avversario politico”.
Tratto da: http://www.thezeppelin.org/oro-nero-e-tangenti-il-delitto-matteotti/
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