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mercoledì 6 aprile 2016

Scandalo Petrolio in Basilicata: Nessuno ha intervistato ancora Filippo Bubbico sul "Protocollo di Legalità" sottoscritto con Total!

Cari colleghi giornalisti (specialmente quelli della TV Pubblica e la mitica TGR Regionale della Basilicata), nessuno ha chiesto al più alto esponente della politica Lucana nel governo Renzi cosa pensasse dello "scandalo Total" di cui si occupano tutte le testate giornalistiche Italiane e non solo. Io non posso farlo per motivi di opportunità, essendo in causa per una sua querela mi crea imbarazzo andarlo ad intervistare ma, perdonatemi l'ardire, mi sembra anche inopportuno che nessuno abbia avuto l'accortezza di farlo.
Il Vice-ministro degli Interni Filippo Bubbico

L'Italia ed i Lucani in modo particolare, hanno diritto ad una informazione attenta e completa in questi momenti delicati della loro storia e Filippo Bubbico qualche chiarimento lo deve pur dare, se solo aveste la cortesia di porgli delle domande.
Filippo Bubbico, vice-presidente e assessore alla sanità (quando la Basilicata firmò l'accordo per lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi lucani. Poi Presidente quando l'attività di estrazione divenne significativa. Sottosegretario allo Sviluppo Economico nel Governo Bersani quando le Cooperative "rosse" di Concordia Sul Secchia liquidarono per pochi euro le concessioni che valevano miliardi di euro (ma il pagamento del valore reale...) e, infine Saggio tra i saggi consiglieri di Napolitano prima di approdare al Viminale nella veste di potentissimo Vice-ministro degli Interni, a luglio scorso con una nota ufficiale del Ministero degli Interni, scrisse:


Roma, 22 lug. (Adnkronos) - Il viceministro dell'Interno, Filippo Bubbico, ha partecipato questo pomeriggio a Potenza, alla firma di un protocollo d'intesa tra la Prefettura e la Total Italia per la prevenzione di tentativi di infiltrazione della criminalita' organizzata nei lavori di progettazione e costruzione della rete di condotte del Progetto Olil&Gas "Tempa Rossa". Lo riferisce una nota del Viminale.

"Il Protocollo di Legalita' sara' un ulteriore strumento per ottenere una rapida e corretta esecuzione dell'opera, monitorando costantemente i lavori per evitare condizionamenti criminali e garantendo la sicurezza dei cantieri - ha sottolineato il viceministro - Tracciare i flussi finanziari e di manodopera che saranno attivati significa non solo assicurare trasparenza, ma anche tutelare l'economia legale. Proteggere la nostra economia dalla criminalita' e', prima di tutto, una scelta di civilta"'.

"Per questo motivo - ha concluso Bubbico - quello di oggi e' un segnale importante, da incoraggiare anche per altri progetti, per innescare un circolo virtuoso orientato all'economia legale e alla tutela delle parti sane e produttive delle nostre comunita".

Può chiarire il signor Filippo Bubbico in cosa consiste il "Protocollo di Legalità" sottoscritto da Total e tutto il resto di cui parlava quel comunicato che, alla luce dei fatti odierni, sembra uno spot politico mal riuscito?

martedì 31 marzo 2015

CPL Concordia: Bubbico, D’Alema, Latorre, Unipol e il petrolio della Basilicata

Alcune semplici domande su, ohibò, CPL Concordia!

Alcuni ostentano, in modo antipatico, di averlo detto. Altri, i giornalisti d'inchiesta, specie se plurindagati, di averlo scritto.
Non è dato sapere se l'inchiesta che convolge alti dirigenti della CPL Concordia per le presunte tangenti pagate ad Ischia finirà in una bolla di sapone oppure servirà a processare e condannare i responsabili della ipotizzata corruzione.
È certo, però, che gli inquirenti non potranno evitare di rispondere ad alcune semplici domande e, fra tutte, ad una: “sono regolari le gare d'appalto che hanno condotto alla metanizzazione del comune di Ischia”?
Così, semplicemente, si chiedeva che rispondessero, sin dall'anno 2004 ad una domanda molto simile che riguardava sempre CPL Concordia, sempre politici di spicco dei Ds, Pds, Margherita, Asinello e, infine, PD, sempre autorizzazioni facili e d'immenso valore.

Nessuno ha risposto sino ad oggi e, cogliendo la palla al balzo, riproponiamo gli articoli dell'epoca che, pur nel clima di omertosa sopportazione in cui lavora l'informazione libera lucana, restano attualissimi ancora oggi. Chissà che qualche Procura Ordinaria, qualche Procura presso la Corte dei Conti, o qualche politico in libertà non voglia spiegarci come avvenne che un giacimento del valore di diversi miliardi di euro venne venduto dichiarando un controvalore di soli diecimila euro.
Magari, il presidente Matteo Renzi, vorrà spiegare se nel valzer dei dirigenti “massimi” derivato dallo scandalo che ha travolto Ettore Incalza, sarà coinvolto l'ing. Franco Terlizzese incardinato stabilmente da anni alla DIREZIONE GENERALE PER LE RISORSE MINERARIE ED ENERGETICHE che mai ha risposto ad alcune semplici domande che riguardavano, ohibò, CPL Concordia!
Riproponiamo il tutto, noi che l'avevamo scritto e continuiamo a scriverlo... da undici anni e passa!



(29/4/2005) Petrolio mon amour










sabato 14 febbraio 2015

Quella libertà di stampa che non interessa (quasi) a nessuno

Quella libertà di stampa che non interessa (quasi) a nessuno

52 mesi or sono (ottobre 2010) il polso delle persone scese in difesa della libertà di stampa in Italia, segnava solo quindici interventi in difesa di un giornalista ingiustamente condannato per aver pubblicato notizie vere, di pubblico interesse e con linguaggio continente. Sul blog www.toghelucane.blogspot.com, questa la notizia pubblicata:

http://toghelucane.blogspot.it/2010/10/15-uomini-sulla-cassa-del-morto.html

sabato 23 ottobre 2010
Libertà di stampa: 15 uomini sulla cassa del morto
Al momento (ore 20:10 del 22/10/2010) sono diciannove i commenti al pensiero di Carlo Vulpio (http://www.carlovulpio.it/) sulla vicenda che vede coinvolto Giacomo Amadori (giornalista di Panorama) e Fabio Diani (appuntato della GdF in servizio a Pavia). Una vicenda emblematica di un'Italia che, quanto a democrazia, ha toccato un livello così infimo da dubitare che si possa mai risalire. Un giornalista pubblica notizie vere, di pubblico interesse, con un linguaggio consono e per questo viene indagato. Gli organi di stampa e televisione, l'ordine dei giornalisti, le penne illustri ed soloni di ogni occasione tacciono o, al limite, biascicano qualcosa. Poi ci sono i faziosi di ogni colore che, quando si accorgono di appartenere allo schieramento avverso (oggi a Panorama, ieri a Repubblica), danno addosso al malcapitato. La libertà di stampa è sacra quando incassi due milioni di euro all'anno o cinquantamila a puntata o tremila al mese, un delitto quando ad esercitarla è un malcapitato ostile a chi ti paga, poco o tanto che sia.

Capita così che i commenti al pensiero di Carlo Vulpio, irriducibile sostenitore del “liberi tutti”, siano solo 19. Nel mondo della rete, nell'era della globalizzazione, solo in 15 (alcuni sono intervenuti più volte) hanno voluto esprimersi sul tema delicatissimo della libertà di stampa che è poi il tema della libertà tout court. 15 uomini sulla cassa del morto. Filippo de Lubac



Qualche giorno fa, da questo blog, abbiamo lanciato una petizione per la difesa della libertà di stampa a cui hanno aderito in 35:

giovedì 5 febbraio 2015

Difendi la libertà di stampa: firma anche tu la petizione alla Corte dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo
Un terribile attacco alla libertà di stampa è in corso in Italia. Da 10 anni, un giornalista è implicato in centinaia di procedimenti penali. Egli ha una sola colpa: lui ha scritto la verità. Inchieste giornalistiche che non piacciono ad un signore arrogante che crede di poter impedire la libera informazione. Firma per chiedere l'intervento della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo.

Un terrible attaque sur la liberté de la presse est en cours en Italie. Depuis 10 ans, un journaliste est impliqué dans des centaines de cas criminels. Il n'a qu'un défaut: ils ont écrit la vérité. Les enquêtes menées par des journalistes qui ne aiment pas un gentleman arrogant qui croit qu'il peut empêcher l'information gratuite. Signature de demander l'intervention de la Cour européenne des droits de l'homme.

A terrible attack on freedom of the press is in progress in Italy. For 10 years, a journalist is involved in hundreds of criminal cases. He has only one fault: he wrote the truth. Investigations by journalists who do not like a gentleman arrogant who believes he can prevent the free information. Signature to request the intervention of the European Court of Human Rights.

Un terrible atentado contra la libertad de prensa está en curso en Italia. Durante 10 años, periodista está involucrado en cientos de casos penales. Él tiene un solo defecto: escribió la verdad. Las investigaciones de los periodistas que no les gusta un caballero arrogante que cree que puede evitar que la información libre. Firma para solicitar la intervención de la Corte Europea de Derechos Humanos.

Ein schrecklicher Angriff auf die Pressefreiheit ist in Arbeit in Italien. Seit 10 Jahren wird ein Journalist in Hunderten von Kriminalfällen beteiligt. Er hat nur einen Fehler: er die Wahrheit geschrieben. Untersuchungen von Journalisten, die nicht wie ein Gentleman arrogant, der glaubt, er kann die kostenlose Informationen zu verhindern. Signatur, um die Intervention des Europäischen Gerichtshofs für Menschenrechte zu verlangen.

Firma la petizione: Je Suis M. Nicola Piccenna

Oggi leggiamo sui giornali che l'Italia ha perso 24 posizioni nella classifica mondiale che misura la libertà di stampa in un Paese.

Nel rapporto di Reporter senza frontiere l’Italia al 73esimo posto a causa di «attacchi mafiosi» e «querele ingiustificate per diffamazione»:
http://www.corriere.it/cronache/15_febbraio_12/liberta-stampa-mondo-italia-perde-24-posizioni-73esimo-posto-eab023c0-b2c4-11e4-9344-3454b8ac44ea.shtml

Non ce n'eravamo accorti!

A noi sembrava che raddoppiare il numero di coloro che scendono in campo per difendere un diritto fondamentale per la democrazia e la civiltà sociale, in soli quattro anni, fosse una grande balzo in avanti!

mercoledì 17 dicembre 2014

Renzi si tiene la "bionda" tutta per sé: teme che i Lucani scoprano la teoria di John Nash

Dinamiche dominanti (da anni in Basilicata)

Le risorse della nostra terra, la Svizzera del Sud, come ebbe a definirla un giornalista, sono enormi: certamente sufficienti a garantire un diffuso grado di benessere tra i pochi abitanti della Lucania. Perché non accade ciò?
Perché pochi conoscono e nessuno applica la teoria delle "dinamiche dominanti" rivista da John Nash, lavoro che gli valse il premio nobel per l'Economia nel 1994.
Il pregevole ed autorevole lavoro di Nash fornisce valido supporto scientifico anche per giocare a "poker", a scacchi, e in tutte le situazioni in cui occorre stabilire una strategia che coinvolga l'interazione di più soggetti. Oggi ci soffermeremo "solo" sulla gestione delle risorse della Basilicata.
CASO 1
Facciamo finta che il petrolio lucano sia una bellissima e avvenente bionda, circondata da amiche belle e interessanti ma non quanto lei (agricoltura, acqua, natura incontaminata, prodotti tipici, allevamento). Quando questo gruppetto di ragazze arriva in un bar frequentato da giovani lucani si innesca subito una competizione e l'obiettivo di ciascuno diventa quello massimo: la bionda.
Ciascuno, anche senza conoscerla, segue la teoria di Adam Smith: "Nella competizione, l'ambizione individuale serve al bene comune. Il miglior risultato si ottiene quando ogni componente del gruppo fa ciò che è meglio per sé". Ma solo uno potrà raggiungere (forse) l'obiettivo e gli sconfitti non potranno nemmeno perseguire l'obiettivo secondario delle "amiche della bionda" le quali, offese per essere state trascurate, non accetteranno di fare da ripiego.
Nella competizione per le risorse della Lucania, ciascuno ha puntato alla risorsa più ricca seguendo "ciò che era meglio per sé". Hanno vinto le compagnie petrolifere ed a noi Lucani non è nemmeno possibile accontentarci delle altre risorse rimaste poiché la strategia adottata le toglie dalla nostra disponibilità. L'agricoltura, l'acqua, la natura incontaminata, l'allevamento, i prodotti tipici sono tutti compromessi e resi impercorribili dai disastri dell'inquinamento da petrolio.
Ma il processo non è irreversibile (ancora per poco) e la teoria di John Nash indica la strategia da seguire: "Il  miglior risultato si ottiene quando ogni componente del gruppo fa ciò che è meglio per se e per il gruppo".
Occorre trascurare la bionda e ricercare "ciò che è meglio per sé e per il gruppo" (gli abitanti della Basilicata).
Lasciar perdere il petrolio e privilegiare le altre risorse.
CASO 2
Facciamo finta che i movimenti, i comitati, i gruppi di cittadini e tutti coloro che abitano in Lucania siano un gruppo di ragazzi in un bar. Un gruppo di ragazzi universitari nella fase della vita in cui si passa dalla prima gioventù alla vita da adulti e bisogna cominciare a prendere decisioni importanti e determinanti per il futuro. In quel bar arrivano le nostre ragazze, quelle dell'esempio "CASO 1", che rappresentano le opportunità di carriera e successo in sede politica: governatore della Basilicata (la "bionda"), assessore regionale, consigliere regionale. Se tutti seguono la teoria di Adam Smith e competono per il posto di governatore della Basilicata, nessuno riuscirà nell'obiettivo (ed il governatore diventerà Marcello Pittella). E nessuno coglierà le altre opportunità perché le amiche della bionda saranno appannaggio della vecchia politica (quella stessa che oggi sistema Carlo Chiurazzi a capo del Consorzio ASI di Matera).
Anche in questo caso il processo è reversibile, nel senso che il governatore si cambia ogni 5 anni (ma Pittella è imputato e se fosse condannato si potrebbe cambiare ancora prima).
Alle prossime elezioni regionali, quindi, occorre perseguire "ciò che è meglio per sé e per il gruppo", come ci spiega John Nash e questo si ottiene solo a condizione che ciascuno dei leader rinunci a ricercare il massimo per sé e propenda per il massimo per sé e per il gruppo.
E' un'ipotesi praticabile? Forse.
Certo, invece, è che Renzi ha studiato la teoria di Nash e, temendo che la imparino anche i Lucani, sta tentanto di sottrarre la "bionda" dalla competizione, tenendosela tutta per sé con lo "sblocca Italia".
Sveglia, popolo Lucano, svegliati anzi... alzati e cammina!

di Filippo de Lubac

La teoria di John Nash spiegata nel celebre film A Beautiful Mind




giovedì 11 dicembre 2014

Continuano a pervenire moltissime richieste di chiarimenti relativi agli "Stream Gas" di cui questo blog si è occupato in data 7 dicembre 2014

(http://littleswissnews.blogspot.it/2014/12/ho-visto-un-re-che-aveva-tanto-gas.html).


In Basilicata, è una storia già vista, fornire notizie delicatissime che riguardano da vicino la salute dei cittadini è attività disdicevole che viene considerata prodroma del reato previsto e punito dalla Legge di "procurato allarme sociale".

Per questo motivo, si preferisce riportare il racconto già pubblicato su questo blog in cui si parla della Nigeria.
Così che, essendo i Nigeriani impegnati in altre e più urgenti attività rispetto alla lettura di queste informazioni allarmanti, nessun allarme sociale verrà arrecato ai pacifici Lucani.
Buona lettura
Filippo de Lubac

(inizio del post pubblicato a novembre 2013)

Gli "stream gas": in Nigeria ne parlano (e ne muoiono), in Basilicata fanno finta che non esista!

Nigeria: il micidiale gas flaring delle multinazionali del greggio

Luca Manes/ CRBM


Insieme alla Shell e alla Chevron, l’Eni è una delle oil corporation più attive in Nigeria, primo Paese esportatore di greggio dell’Africa sub-sahariana con una produzione di 2,2 milioni di barili al giorno. A dispetto della ricchezza del loro sottosuolo, le popolazioni dell’area del Delta del Niger vivono in condizioni di estrema povertà, alle prese con un crescente degrado ambientale e una costante militarizzazione del territorio. In Nigeria ogni giorno si registrano perdite di petrolio dagli oleodotti, mentre, nonostante una legge del 1979 e diversi pronunciamenti delle corti locali, la pratica del gas flaring (il bruciare in torcia il gas connesso al processo d’estrazione del greggio) continua a essere adottata senza nessuno scrupolo. Sull’intero territorio nazionale sono oltre 100 le torri che sprigionano in maniera perenne lingue di fuoco che sputano diossina, benzene, solfuri e particolati vari...

martedì 9 dicembre 2014

Renzi parla di pulizia? Cominciamo dall'affaire del petrolio Lucano

Gas della Concordia S.p.A. vende a Mediterranean Oil & Gas plc

La storia della amichevole accoglienza verso i “coltivatori di petrolio” non è una esclusiva del buon Marcello Pittella. Potremmo dire che è nel DNA delle giunte regionali della Basilicata targate centrosinistra e mai avversate da destra e centro.
Molte autorizzazioni e poche risposte, anche questo modus operandi è tipico della politica nostrana, come sul caso emblematico delle cooperative rosse di Concordia sul Secchia che hanno gestito operazioni finanziarie per miliardi (di euro, sì di euro!) sui quali anche la Corte dei Conti e il Ministero dell'Industria (all'epoca) e delle Attività Economiche (subito dopo) nulla hanno ritenuto di chiarire: il silenzio è d'oro (nero)!
La storia era stata raccontata verso la fine del 2007, ma è attualissima e chiarisce tante cose, comprese alcune carriere politiche altrimenti inspiegabili.
(tratto da “Il Resto” del 1/12/2007 - INIZIO)
Così, coerentemente, dopo che era arrivato il sequestro preventivo e probatorio del cantiere della Intergas Più s.r.l autorizzato alla ricerca di idrocarburi, qualcosa è stato ritenuto meritevole di approfondimenti. Si trattava della concessione della licenza di ricerca di idrocarburi deliberata dalla Giunta regionale della Basilicata a favore della Intergas Più s.r.l.
La domanda più immediata è del perché la giunta al completo ed all'unanimità abbia concesso la citata autorizzazione. O, per essere precisi, quali approfondimenti sulla Intergas Più siano stati effettuati prima di consentirgli di perforare e indagare sul sottosuolo lucano. Non è cosa banale, la scoperta di un eventuale giacimento comporta la conoscenza precisa di informazioni “sensibili” di estrema delicatezza e, venalmente, di grande valore. È pur vero che già nel passato, per i giacimenti scoperti e messi in produzione, le mille domande (monotone) sulla consistenza delle risorse disponibili nel ricco sottosuolo lucano e (persino) sulle quantità di petrolio estratto e destinato via tubo alla raffineria di Taranto sono rimaste senza risposta. Ma qualche volta bisognerà pur cambiare registro, non vi pare? Intanto scopriamo che la “Intergas Più srl” è posseduta da una compagnia inglese dal nome significativo “Mediterranean oil & gas plc” che ne ha acquistato l'intero capitale sociale di 10.000 euro (alla data dell'atto: 4.5.2005). Prezzo d'acquisto 10.000 euro. Almeno così si legge nell'atto del Dr. Arrigo Roveda notaio in Milano. La quote cedute sono “interamente libere, esenti da oneri, vincoli, gravami pregiudizievoli, pegni, sequestri, pignoramenti, diritti reali di godimento, diritti di terzi in genere...”. Sì, ma quanto valgono? Pochi giorni prima della vendita, la società che deteneva il 100% del capitale Intergas Più, gli aveva ceduto un intero “ramo d'azienda”. Il 26 aprile 2005, presso il notaio Dr. Giorgio Perrotta in Roma, “Gas della Concordia S.p.A.” cedeva a Intergas Più srl, sua controllata, il ramo d'azienda costituito da 5 “permessi di ricerca” e 17 “concessioni di coltivazione” sparsi qui e là in Italia (mari e Basilicata compresi). Sembra di capire, dagli atti sino ad ora esaminati, che i diritti di sfruttamento di 17 giacimenti petroliferi e di ricerca in altri 5 siti ricchi di idrocarburi siano passati di mano per 10 mila euro. Ma la cosa è più complessa. Si capisce leggendo il testo in inglese, allegato all'atto notarile firmato dal notar Roveda, che autorizza Mr. Anthony Trevisan ad acquistare la Intergas Più. Si parla di un “meeting del 7 gennaio 2005” in cui si sarebbe deciso di acquistare una partecipazione in una nuova società che avrebbe ricevuto degli “assets” da Gas della Concordia S.p.A. In pratica le citate licenze di ricerca e di coltivazione (che in soldoni significa estrazione di petrolio a 100 dollari il barile, ndr). Poi, si legge, dell'esistenza di un “Project jack up information memorandum” in cui sarebbero contenuti i patti e gli accordi con Gas della Concordia S.p.A. E l'affare s'ingrossa. Eh sì, perché spunta fuori un intero capitolo dedicato agli aspetti finanziari. Per garantire i fondi necessari per l'acquisizione si mettono in piedi complessi strumenti finanziari. Si parla delle azioni e di “convertible notes” (una specie di bond ad uso interno, ndr) che verrebbero sottoscritte da “Mizuho International plc” e “Stark Investment ltd” secondo i termini sottoscritti in apposito “term sheet” il 10 gennaio 2005. Poi si menziona la disponibilità di terze parti ad entrare nell'affare attraverso l'emissione di “bond convertibili” e spuntano la Med Oil ltd e la Transcontinental Investment Pty ltd che palesano la possibilità di estendere l'affare con l'ingresso nel mercato della Libia. Già, sembrava un permesso di ricerca in Basilicata e diventa un crocevia di interessi e società internazionali. Tutto del valore di 10 mila euro? 
Resta da accennare alla proprietà della Gas della Concordia S.p.A., già British Gas RIMI S.p.A. Oggi la società risulta cessata per incorporazione. L'incorporante si chiama Coopgas srl da non confondere con la Coop Gas srl (scritto con uno spazio fra coop e gas, ndr) che è una sua controllata e oggi incorporata. Ammettetelo, vi gira la testa, ma resistete ancora un poco, siamo all'arrivo!
Chi controlla la Coopgas srl, già Gas della Concordia S.p.A., già British Gas RIMI S.p.A.? Una cooperativa, una semplice cooperativa che beneficia delle agevolazioni fiscali riservate alle cooperative. Si chiama CPL Concordia Soc. Coop. e fra la innumerevoli società da essa controllate o partecipate per un giro di capitali di miliardi di euro, spunta la rete delle cooperative, delle immobiliari, delle associazioni artigiane, delle banche. Un solo nome per riassumere il giro d'affari, legittimo per carità, UNIPOL. Interessi di miliardi (di euro) in cui alla Basilicata non resta che qualche briciola e, forse, nemmeno all'Italia resta granché. Ma questo non possiamo dirlo, certamente la giunta regionale che ha autorizzato la Intergas Più srl ad effettuare le ricerche di nuovi pozzi avrà fatto le verifiche del caso e, magari, potrà spiegare quali vantaggi porta alla Basilicata l'intenso sfruttamento delle risorse minerarie. Diecimila euro di capitale (oggi elevato a 6 milioni) sono un discreto gruzzolo per cedere agli inglesi 17 “permessi di coltivazione”. Sarebbe utile sapere cosa c'è scritto nel “Project jack up information memorandum” e magari nei memorandum riservati (se ce ne fossero) con la Total, l'Eni, e le altre compagnie petrolifere che facilmente ottengono permessi, autorizzazioni ed accoglienza nella nostra ospitale Basilicata. Vero presidente De Filippo?
(tratto da “Il Resto” del 1/12/2007 - TERMINE)
Quelle domande, poste nel 2007, sono rimaste senza risposta. L'uomo forte dell'epoca, Filippo Bubbico, oggi è viceministro degli Interni. L'altro politico apicale, Vito De Filippo, oggi è sottosegretario! Tacquero allora, taceranno anche oggi?
Ma oggi, dopo le scoperte dell'inchiesta “Mafia Roma” ed i proclami alla trasparenza ed alla pulizia nei partiti del Presidente Matteo Renzi e di tutta la classe dei politici sempre ignari del malaffare che li circonda, non sarebbe il caso di fare chiarezza e pulizia su un affare da miliardi di euro di cui le Procure sembra che non vogliano nemmeno sentir parlare?


venerdì 15 novembre 2013

Gli "stream gas": in Nigeria ne parlano (e ne muoiono), in Basilicata fanno finta che non esista!

Nigeria: il micidiale gas flaring delle multinazionali del greggio

Luca Manes/ CRBM


Insieme alla Shell e alla Chevron, l’Eni è una delle oil corporation più attive in Nigeria, primo Paese esportatore di greggio dell’Africa sub-sahariana con una produzione di 2,2 milioni di barili al giorno. A dispetto della ricchezza del loro sottosuolo, le popolazioni dell’area del Delta del Niger vivono in condizioni di estrema povertà, alle prese con un crescente degrado ambientale e una costante militarizzazione del territorio. In Nigeria ogni giorno si registrano perdite di petrolio dagli oleodotti, mentre, nonostante una legge del 1979 e diversi pronunciamenti delle corti locali, la pratica del gas flaring (il bruciare in torcia il gas connesso al processo d’estrazione del greggio) continua a essere adottata senza nessuno scrupolo. Sull’intero territorio nazionale sono oltre 100 le torri che sprigionano in maniera perenne lingue di fuoco che sputano diossina, benzene, solfuri e particolati vari. Tanto per fornire qualche dato, secondo delle Ong locali dei 168 miliardi di metri cubici di gas bruciati ogni anno al mondo, 23 (il 13 per cento) provengono dalla Nigeria. In termini di ossido di carbonio, parliamo di 400 milioni di tonnellate, ovvero il 25 per cento del consumo annuo di gas degli Stati Uniti. Le piogge acide conseguenza diretta del gas flaring sono tra le principali criticità di una situazione che ha ormai superato i livelli di guardia.
Basti pensare che lo scorso agosto un rapporto dell’agenzia ambientale delle Nazioni Unite, l’Unep (United Nations Environmental Programme) ha certificato che per il solo spicchio di Delta occupato dal popolo Ogoni serviranno 30 anni di bonifiche per riparare gli immensi danni causati dalla Shell.
Tra i casi più eclatanti esaminati dagli esperti dell’Onu c’è quello relativo alla comunità di Nisisioken Ogale, dove il livello del benzene, elemento altamente cancerogeno, eccede di 900 volte il limite previsto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Il conto iniziale presentato alla oil corporation anglo-olandese ammonta a oltre un miliardo di dollari, ma le organizzazioni della società civile nigeriana parlano dell’esigenza di uno stanziamento di fondi per decine di miliardi per pulire l’intero Delta e mondarlo dalle conseguenze delle attività di tutte le multinazionali.
Tra queste ultime, come detto, c’è la compagnia del cane a sei zampe (per il 31 per cento ancora di proprietà statale), il cui operato nel sud della Nigeria durante l’assemblea degli azionisti in programma oggi a Roma è stato l’oggetto delle critiche di Godwin Ojo, direttore e cofondatore di Environmental Rights Action, tra le più importanti Ong del Paese africano.
“Nonostante le sue dichiarazioni pubbliche, l’Eni ha fatto poco o nulla per ridurre il gas flaring” ha dichiarato Godwin Ojo prima di entrare in assemblea. “Con la mia organizzazione negli ultimi mesi siamo stati in grado di visitare varie comunità impattate da sversamenti di impianti dell’Eni nello Stato di Bayelsa. Purtroppo nei loro confronti non sono state accordate compensazioni, né si è proceduto a bonificare i terreni e i corsi d’acqua inquinati. Per quanto tempo ancora bisognerà assistere a questo ecocidio senza che le compagnie intervengano” ha aggiunto Ojo.
Tale situazione continua ad alimentare lo scontento delle comunità, che inoltre lamentano la mancanza di aiuti e dialogo con l’Agip. Non a caso in Nigeria è in crescita il numero di persone e organizzazioni che chiedono lo stop alle trivellazioni e che il petrolio sia lasciato nel sottosuolo. Alle multinazionali, rimarrebbe solo il compito di dare inizio alle opere di bonifica. Prima che sia troppo tardi.

martedì 12 novembre 2013

Lucania: triste, indolente y final

Lucania: triste, indolente y final

Verrebbe da abbandonarla questa Lucania. Questi Lucani pigri, indolenti, accattoni, infingardi, schiavi di un qualche privilegio, foss'anche quello di anticipare una visita specialistica di quindici giorni e, per quello, pronti a sostenere una classe politica inetta, pigra, indolente, infingarda, schiava del potere che le consente un accesso al denaro facile, senza lavoro, senza controllo, senza ritegno.

Verrebbe da lasciarla questa terra scuotendo la polvere dai sandali, se non avessimo qui affetti, storia e cuore. La retorica della gente umile, lavoratrice e onesta, continua stancamente a mulinare nell'aria immobile dei contadini che seminavano a novembre per raccogliere a giugno ed hanno sostituito questa (già lenta) pratica con il set-a-side: non seminano nemmeno e, a giugno, raccolgono l'elemosina dell'Europa che li trasforma da contadini pigri in accattoni nullafacenti. I borghesi, poi, quelli che qualche lume d'intelletto dovrebbero averlo, si guardano bene dall'azzardare la formulazione d'idee o progetti, una qualche attività illuminata e costruttiva del domani. Emergono solo i più pigri, i più indolenti, i più infingardi, i più inetti; coloro che aggiungono a tali eccellenze la destrezza e la furbizia. Questi sono la classe dirigente, coloro che dirigono la nave Lucana negli sprofondi di ogni classifica di merito e sulla cresta di tutte le elencazioni di disvalore sociale, economico e culturale.

É accertato che il vertice della Procura Generale presso la Corte d'Appello di Potenza, Vincenzo Tufano, Modestino Roca, Gaetano Bonomi (ed una imprecisabile schiera di funzionari apicali delle forze dell'ordine) meritano una richiesta di rinvio a giudizio per associazione per delinquere finalizzata alla costituzione di una setta segreta.

É acclarato che ad un Sostituto Procuratore presso la Procura della Repubblica di Matera, Annunziata Cazzetta, viene consentito per anni di occuparsi (quasi in regime di monopolio) di decine di procedimenti penali a carico di un giornalista dopo averlo ripetutamente querelato. Salvo poi condannare la sventurata alla censura mitigata dall'attenuante (falsa) di aver tenuto un solo procedimento! E Annunziata Cazzetta continua a restare a Matera, monito per quanti volessero illudersi che ai magistrati infedeli possa capitare un qualche dispiacere.

É proprio vero che un politico di alto profilo, Bubbico Filippo (architetto), intascava il 75% delle progettazioni finanziate da fondi europei per la realizzazione di impianti di gelsibachicoltura (anche questi finanziati per miliardi di lire) presso le aziende agricole di suo padre, di suo suocero e di altri cittadini italiani che non hanno prodotto un solo filo di seta.

É emerso dagli atti giudiziari che il Procuratore Capo presso la Procura della Repubblica di Matera, Celestina Gravina, ha nascosto una querela per calunnia contro Emilio Nicola Buccico infilandola in un procedimento penale che era già avviato all'archiviazione (ben prima che la querela fosse depositata) e, non contenta, ha trasmesso l'opposizione a quella stessa archiviazione solo dopo che il giudice aveva assunto la decisione di archiviare. Un episodio di favoreggiamento spudorato e gravissimo.

Sono agli atti del Consiglio dei Ministri del 13 novembre 2003, le dichiarazioni virgolettate del Ministro Altero Matteoli e del Sottosegretario Gianni Letta, in cui Filippo Bubbico viene indicato come consenziente (ma non entusiasta) della scelta di ubicare a Scanzano il Deposito Unico delle scorie nucleari Italiane. Bubbico, in difesa del suo onore violato, ha querelato il Ministro Carlo Amedeo Giovanardi ed i giornalisti che quel verbale resero pubblico. Come se avesse un onorabilità da difendere uno che strozza l'agronomo pretendendo il “ritorno” del 75% del suo fatturato! Ma in Italia, questi signori li fanno vice-ministri agli interni, così che possano industriarsi con dovizia di mezzi nell'affinamento delle qualità già mostrate.

É sotto gli occhi di tutti il villaggio “Marinagri”, finanziato con decine di milioni di euro di soldi pubblici e costruito nell'alveo di piena del fiume Agri. Occorre aggiungere spiegazioni o commenti?

É stato reso formalmente noto alle Procure della Repubblica di Potenza e Napoli, che dal più grande giacimento petrolifero dell'Europa continentale, sotto il suolo Lucano, insieme col petrolio, vengono estratte decine di migliaia di tonnellate di “gas-stream” di cui non si conosce il destino. Ma nella terra dei misteri, non esiste nemmeno il contatore che misura le quantità di greggio estratto, queste domande non meritano nemmeno una risposta.

Migliaia di giovani hanno scelto di abbandonare questa terra ed i genitori coscienziosi è questo che consigliano ai propri figli: partire per non tornare.

Allora bisogna chiedersi se vale ancora la pena di restare, se vale la pena di scrivere quando tanti tacciono o, peggio, prestano la penna al valvassore di turno che gli lancerà un tozzo di pane per sopravvivere (e nemmeno tanto grande!).

Certo, ad evitare entusiasmi da “scampato pericolo” di siffatti cialtroni, siamo consapevoli che non potremo lasciare la Lucania, abbandonare il campo, prima di aver terminato quanto abbiamo iniziato. Poiché siamo cavalieri d'antico e indomito cuore e non ci ritireremo se non quando i nostri figli potranno tornare e ricostruire dove loro hanno depredato, distrutto e cancellato. Ma non ci vorrà ancora molto.
Nicola Piccenna, alias Filippo de Lubac

mercoledì 17 luglio 2013

Domande al Viceministro Bubbico sui serbatoi di scorie nucleari alla Trisaia di Rotondella

Quali iniziative assumerà Bubbico per informare i lucani e garantirne la sicurezza?
Un articolo, pubblicato sul settimanale “Il Resto” in data 9 giugno 2007, raccontava per filo e per segno quali sono i rischi che le barre di combustibile e i resti del riprocessamento del combustibile nucleare esausto, conservate presso il Centro Enea Trisaia a Rotondella, comportano per i Lucani e l'ambiente di un'area vastissima che comprende buona parte del Meridione d'Italia. Raccontava, anche, quali conseguenze avrebbero patito gli abitanti nel raggio di 400 chilometri in caso di incidente nucleare. Da quella data, nulla è cambiato anzi, quei serbatoi che erano “scaduti” da circa 25 anni oggi lo sono da 30. Trent'anni fa non garantivano più la tenuta di una poltiglia altamente corrosiva e radioattiva che da sola inquinerebbe l'ambiente per chilometri e chilometri, figuriamoci oggi. Come si sa, queste delicatissime questioni vengono trattate dal Ministero degli Interni ed oggi, un lucano, di quell'ufficio pubblico è Viceministro.

Illustrissimo sen. Filippo Bubbico, Lei cosa sa della sicurezza delle scorie nucleari custodite, negligentemente e neghittosamente, presso il Centro Trisaia di Rotondella? Quale piano a tutela della integrità delle popolazioni lucane ha predisposto il Ministero degli Interni in caso di incidente nucleare nel Centro Trisaia di Rotondella?

Illustrissimo signor viceministro, dieci anni fa (ed anche qualche giorno fa) lei sostenne di non conoscere l'intenzione del Governo Berlusconi di ubicare a Scanzano Jonico il sito unico delle scorie nucleari italiane mentre il sottosegretario Gianni Letta ed il Ministro Matteoli sostenevano il contrario (vedasi il verbale del Consiglio dei Ministri). Ebbene, oggi glielo chiediamo in anticipo così da evitare penose querele: Signor Viceministro Bubbico, Lei oggi cosa sa dello stato di conservazione dei rifiuti radioattivi del Centro Trisaia di Rotondella? Se nulla sa, potrebbe cortesemente informarsi a fare sapere qualcosa ai suoi concittadini lucani? (magari prima del 29 luglio prossimo!)

Dal settimanale “Il Resto” di Sabato 9 giugno 2007

NOI LUCANI, SEDUTI SULLA BOMBA ATOMICA

In una breve conferenza del gennaio 2003, il Dr. Nicola Maria Pace (sostituto procuratore in alcune importanti inchieste sul centro ITREC-Enea di Rotondella) spiegò la catastrofe che può verificarsi a poca distanza da Matera e che causerebbe morti certe nel raggio di 300-400 chilometri.
“Noi non ci saremo”. Quelli che ricordano questa celebre canzone dei “Nomadi” hanno dai cinquant’anni in su. Per questo occorre spiegare qualcosa prima di proseguire. “Vedremo soltanto una sfera di fuoco, più grande del sole più vasta del mondo...”; è l’incipit della catastrofe nucleare presagita nel drammatico testo del gruppo più “impegnato” degli anni sessanta. La fine dell’umanità dei buoni, oserei definirla “naif”, causata dall’umanità dei cattivi (imperialisti?). Il ritorno, la rinascita della vita dalla natura ma senza l’uomo. Una natura buona, saggia e positiva. Ecco spiegato il titolo; “noi non ci saremo”; perché siamo la parte negativa, rappresentiamo la cattiveria, la possibilità del male che tutto travolge e distrugge, ineluttabilmente, anche i buoni. Questa è l’utopia, quanto alcuni prevedono ed altri desiderano per poter poi dire: “ve l’avevo detto, io”! Diversa è la realtà. Non è immodificabile, non è ostaggio di uomini senza volto. È il banco di prova della nostra vita che ci è data affinché incida sulle cose e plasmi il mondo. O, almeno, ci provi. Così, per prima cosa, occorre conoscerla questa realtà, a cominciare dalla “sfera di fuoco” che potrebbe sorgere nel centro Enea di Rotondella. In una breve conferenza del gennaio 2003, il Dr. Nicola Maria Pace (sostituto procuratore, PM in alcune importanti inchieste sul centro ITREC-Enea di Rotondella) spiegò la catastrofe che può verificarsi a poca distanza da Matera e che causerebbe morti certe nel raggio di 300-400 chilometri. Parlò del combustibile nucleare esausto (barre e derivati) conservato (?) nel centro jonico. Il vocabolo “esausto” trae in inganno, dà l’idea di qualcosa che è attenuato, esaurito, svuotato. Invece significa l’esatto contrario. Si tratta di uranio o plutonio o qualche altra diavoleria radioattiva che non può essere più oggetto di reazione atomica controllata. Nelle centrali nucleari, le famose “barre” di combustibile vengono bombardate con fasci di particelle elementari ad alta energia. Semplificando potremo dire che una particella colpisce un atomo di uranio e lo spezza in due causando la scomparsa di qualche pezzettino di materia e la sua trasformazione in energia (E=MC2, A. Einstein). Nel trambusto, partono altre particelle che, a loro volta, spezzano altri atomi e la storia continua. Si chiama “reazione a catena” che, lasciata a se stessa, diventerebbe una esplosione nucleare. Le “barre” usate nelle centrali, fortunatamente, contengono alcune sostanze che assorbono le particelle eccedenti e stabilizzano la reazione, mantenendo costante il rapporto fra atomi colpiti e nuove particelle in grado di spaccare atomi integri. Quando queste sostanze “assorbenti” si riducono, il combustibile si dice esaurito ma, come ben capite, si tratta di un oggetto tutt’altro che innocuo. Possiamo definirlo un “cattivo” soggetto, da trattare con le molle. Tolto dalla centrale, bisogna conservarlo in condizioni di temperatura tale da evitare l’innesco della reazione atomica tipo Hiroshima. Come per Rotondella, spesso questa condizione viene realizzata mediante immersione in acqua corrente che a contatto con lo zoppo (radioattivo) impara a zoppicare. Qualcuno dovrebbe spiegare che fine fa quest’acqua altamente radioattiva. Altra tecnica, prevede il parziale riciclo, tecnicamente detto riprocessamento. La “barra” viene sminuzzata con speciali punzoni e sciolta in liquidi tremendamente corrosivi. Mediante centrifugazione, si estrae dalla poltiglia l’uranio ancora presente che viene riciclato in nuovi componenti combustibili. Resta la poltiglia, altamente radioattiva e terribilmente corrosiva. Anch’essa bisogna che sia raffreddata costantemente in appositi serbatoi adatti per resistere ai fortissimi acidi. Quelli di Rotondella sono “scaduti” da oltre vent’anni e, invece che sostituirli, vengono rabberciati dopo ogni perdita. Le diverse centinaia di barili di “terreno decorticato”, visibili ad occhio nudo nei capannoni dell’Enea (ammesso che abbiate l’autorizzazione per entrare ed una tuta anti radiazioni per restare in vita un tempo sufficiente per raccontarlo) narrano la storia dei vari incidenti che hanno inquinato i terreni circostanti il centro ITREC e chissà cos’altro. I lucani, i calabresi, i campani ed i pugliesi vivono così. Seduti sulla polveriera radioattiva in cui è conservata la busta “top secret”, rigorosamente in inglese tecnico, su cui campeggia la scritta: “da aprire solo in caso di incidente nucleare”. Vi lesse, il temerario dr. Pace, dopo aver superato dinieghi e resistenze difficili da spiegare, che sono in pericolo immediato di vita tutti gli abitanti nel raggio di 400-500 chilometri e poi via via con disegnini e cerchi concentrici sempre più larghi e di diverso colore. “Ma noi non ci sareeeemoooo, noi non ci sareeeeeemooo”. Forse. (di Claudio Galante)