Jeremy Rifkin, appare come uno di quei
conferenzieri americani che sanno di sapere o, perlomeno, credono
talmente tanto in se stessi da ritenere impossibile ci sia qualcosa
che non sappiano. Così, al 43mo piano dello Sheraton Conference
Centre, vederselo difronte, con una improbabile cravatta color
ciclamino, e provarne soggezione è un tutt'uno. Comincia così la
visita alla WHEC 2012, “World Hydrogen Energy Conference”,
l'assise biennale che quest'anno si svolge a Toronto (Ontario) e che
segna il punto sulla tecnologia dell'idrogeno e le sue applicazioni
che, a certe latitudini, sono diventate di ordinaria amministrazione.
Comincia così l'avventura di un giornalista e di una pattuglia di
(onnipresenti) italiani che si muove con la circospezione di
un'antilope mentre attraversa il territorio frequentato dai leoni.
L'inizio è impertinente: “Mr. Rifkin, Lei parla delle tecnologie
dell'idrogeno da diversi anni, quanto si comincerà a fare sul
serio?”. Risposta dal tono pacato che tradisce, nei termini usati,
un certo risentimento: “We are serious: noi siamo seri”. Non
c'era dubbio, ovviamente, che l'interlocutore fosse serio. Ma la
domanda era un'altra: “Quandosi comincerà a fare sul serio”?
Cioè, quando si diffonderà questa tecnologia ormai matura che da
tempo ha lasciato i laboratori sperimentali per entrare nella vita
quotidiana di un ristretto numero di privilegiati che viaggiano su
auto alimentate ad idrogeno (autonomia 400 chilometri, prestazioni da
primato, inquinamento zero), vivono in abitazioni servite da energia
elettrica prelevata da pannelli fotovoltaici e stivata in serbatoi di
idrogeno, si spostano su autobus elettrici alimentati da fuel-cell
(apparati che trasformano l'idrogeno in corrente elettrica) ed hanno
i computer assistiti da gruppi di continuità all'idrogeno che quando
entrano in funzione nemmeno li senti? Non era in discussione la
serietà e la buona fede di singole persone, men che meno quella di
un “mostro sacro” quale Jeremy Rifkin. Qualsiasi persona che
abbia visitato WHEC 2012 e partecipato anche ad un centesimo delle
conferenze di professori, manager, esperti e sponsor non può che
chiedersi cosa impedisca a queste tecnologie di diffondersi in tutti
i paesi così come oggi accade in alcune zone del Canada e, in
piccole enclavi della Germania. Così, Jeremy Rifkin ha ripetuto quei
concetti che avrà ribadito e spiegato migliaia di volte. Ha detto
che la tecnologia è pronta ed affidabile e si aspetta solo che i
governi promuovano la diffusione delle reti di distribuzione
dell'idrogeno. Ha ripetuto che l'idrogeno è l'unica tecnologia che
consentirà al nostro pianeta di sopravvivere alla fame d'energia dei
suoi abitanti. Ha confermato che la sua lodevole battaglia
d'informazione proseguirà senza sosta di Paese in Paese, di
conferenza in conferenza. Ha mostrato ampia e cordiale apertura e
disponibilità verso il giornalista. Ad una sola domanda non ha
voluto rispondere: “Mr. Rifkin, il sistema monetario mondiale,
privo di una oggettiva corrispondenza tra il valore nominale delle
valute e la convertibilità in qualcosa di tangibile, è in balìa di
una speculazione ingovernabile. Perché non pensare ad una valuta
convertibile in idrogeno, come anni fa c'era la convertibilità fissa
(del dollaro statunitense) in oro? Tutto sommato, l'unica cosa di cui
abbiamo veramente bisogno è l'energia e non è forse l'idrogeno il
mezzo che più facilmente la può immagazzinarla e restituircela
all'occorrenza”? Subito incalzato dopo un primo tentativo di
“dribbling”: “Mr. Rifkin, Lei è stato il primo a parlare al
mondo intero dell'economia dell'idrogeno, sarà ancora il primo a
indicare questo decisivo passo che segnerebbe l'inizio dell'era
dell'idrogeno? Lei è un economista, non crede che lanciare la
proposta di legare le valute all'idrogeno sia il modo più concreto
ed immediato per attribuire, attraverso l'idrogeno, un indiscutibile
e oggettivo valore alle valute”? E lui, di rimando, precisava che
non intendeva rispondere: un argomento che non voleva affrontare. Il
perché è rimasto un interrogativo solo per qualche ora. Il tempo di
salire su una Mercedes ad idrogeno e scambiare quattro parole con un
non meglio precisato Mr. Stuart. Sembra un film di James Bond ma è
la Conferenza mondiale sull'idrogeno. Con 7 italiani che a quella
domanda hanno già trovato la risposta: l'idrogeno diventerà una
cosa seria quando sarà accessibile per costi e applicazioni alla
gente comune, quando non ci sarà bisogno che la politica lo sdogani,
quando la “rivoluzione dell'idrogeno” la faranno milioni di
persone per migliorare la qualità della propria vita risparmiando.
Cioè, dicono quei 7, dal prossimo settembre!
venerdì 29 giugno 2012
“We are serious”: Intervista a Jeremy Rifkin
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