L’indecorosa teoria dei “non
sapevo” ovvero “nessuno mi aveva informato”, fornisce un quadro
desolante dell’intera classe politica regionale e non già perché
questi signori “non potevano non sapere”, bensì perché è
provato che sapevano eccome. Altrettanto deve dirsi per quei politici
che sarebbero dovuti stare all’opposizione, avrebbero dovuto
incalzare i “sinistri” governi della Basilicata e chiamarli alla
responsabilità ed al rispetto dei cittadini amministrati. Invece
nulla e così la regione è stata riempita di veleni con le
conseguenze d’incidenza tumorale che conosciamo anche se nessuno si
prende la briga di divulgarle: fa parte del “non sapevo”. Così
occorre documentare quello che si sapeva tanto da essere pubblicato
su alcuni “giornalacci” di provincia. Comincia un viaggio dei
veleni che hanno inquinato i fiumi, la terra e l’aria della
Lucania. Nei veleni noti a tutti, Procure della Repubblica comprese,
tranne che agli assessori preposti all’ambiente (ve ne sono di
regionali, provinciali e comunali), tranne che alle agenzie
costituite per monitorarli, tranne che agli esperti pagati per
ricercarli e quantificarli. Quei veleni che, come i pericolosissimi
prodotti della combustione degli stream gas disciolti nel petrolio
lucano, appestano a tonnellate ogni giorno che il buon Dio concede
alle nostre contrade. La Fenice è un mitico uccello che aveva la
capacità di risorgere dalle proprie ceneri. È davvero singolare che
l’inceneritore che ha avvelenato ampie zone del melfese sotto gli
occhi complici e omertosi di tanti si chiami “Fenice”. Forse che
si possa (finalmente) sperare nella rinascita di una grande Lucania
dalle ceneri della Basilicata, offesa e violentata da politici senza
scrupoli?
di Antonio Mangone
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